giovedì 23 ottobre 2014

Mattinata trail - Gargano Running Week

11 ottobre 2014



Molti potrebbero pensare che per un pugliese correre sul Gargano sia giocare in casa.
Ebbene, per chi viene da Bari, dal centro del tavoliere, non è così.
Il Gargano è una regione morfologicamente diversa da tutto il resto della Puglia.
Lo sperone della nostra regione è un mondo a se stante.
In pochi km si passe da bellissime spiagge a tortuosi promontori, si passa dal caldo temperato del mare al fresco di una foresta, la Foresta Umbra, a quasi 1000 metri di altitudine.
Si passa da luoghi di villeggiatura ameni e non troppo sfruttati a luoghi di meditazione, mistici: la Foresta Umbra era già cantata da Virgilio e il santuario di San Michele a Monte Sant’Angelo, uno dei santuari più importanti d’Europa, è stato in grado di colpire anche un non credente come me.
E poi si mangia troppo bene da queste parti!
Sono arrivato a Mattinata il giorno prima della gara, io e la mia ragazza abbiamo alloggiato in uno splendido B&B che affaccia direttamente sulla spiaggia dove sarebbe poi passata la gara: vista magnifica, posto fresco e tranquillo.

il paradiso (sì, quella a sinistra è un angelo! :P )
Risalendo a Mattina abbiamo trovato uno splendido paesino in festa, con tante chicche gastronomiche da gustare: molte sono note a tutti i pugliesi, ma non dovete perdervi una particolarità locale, il caciocavallo podalico alla piastra! Qui anche le mucche, le podoliche, sono speciali, delle trailer a tutti gli effetti: vivono nei pressi della foresta, bevono meno delle loro colleghe dei pascoli (qui sostanzialmente assenti) e mangiano quel che trovano ai bordi della foresta. Non è raro trovarle su strada o nella Foresta Umbra, infatti. Tutto ciò conferisce al loro latte e al loro formaggio un sapore caratteristico.
La mattina della gara l’emozione era tanta, per me questo è stato il primo trail serio: il Mattinata Trail coi sui 34 km e 1500 metri di dislivello era una incognita per me. Mi sono preparato su fondo naturale, non proprio accessibile da casa mia, ho corso in Calabria su dislivelli da vertical per tutto agosto, ho corso anche sulle consuete strade asfaltate di casa, sul mare e in collina. Ma sarei stato capace di affrontare distanza e dislivello insieme, peraltro con pezzi anche tecnici?
Sulla linea di partenza la tensione si stempera salutando e scambiando due chiacchiere con altri trailer, alcuni prima conosciuti solo su Facebook: scopro che Filippo Canetta, Simona Morbelli, Fulvio Massa sono persone semplici, amabili, così come appaiono su internet.

eccomi qui con il grande Filippo Canetta! Simpaticissimo!


Il tempo di scambiarsi alcuni incitamenti che siamo già al briefing, tenuto dall’onnipresente Davide Orlandi. Prendo mentalmente nota dei punti difficili e li dimentico quasi subito dopo!
Poco dopo parte la nostra gara, in una giornata di sole e caldo che arriverà a superare i 30° C: non invidio (o forse un po’ sì?) chi correrà la lunga ed è partito 40 minuti prima di noi.
L’inizio è un festoso giro per il paese, che fa il tifo per tutti. Parto piano, anche perché non so nemmeno quanto ci metterò di preciso e preferisco piuttosto accelerare nella seconda metà di gara se la condizione fisica me lo dovesse permettere.


L'inizio di una avventura di 5 ore...
Usciti da Mattinata, dopo un poco di discesa, cominciamo la prima asperità di giornata, il Monte Saraceno. Sono poco più di 200 metri di dislivello su di un sentiero abbastanza facile. Formiamo un gruppetto di 3 o 4 runner e saliamo chiacchierando: scoprire che i propri compagni di viaggio sono un lombardo ed un calabrese che vivono in Olanda fa un certo effetto; non solo la gara è piena di stranieri, ma anche gli italiani vengono dalle zone più disparate!


Compagni di viaggio!

Alla sommità del Monte Saraceno passiamo accanto ad una antica necropoli dauna. Stiamo ancora ammirando il paesaggio, guardiamo dall’alto Mattinata, quando la nostra attenzione è richiamata dalla discesa: dopo i primi facili tornanti a pendenze contenute, il sentiero diviene una ripida e molto tecnica traccia che si tuffa, letteralmente, nell’Adriatico! È stupendo correre praticamente su di una scogliera alta 200 metri nel silenzio più assoluto. La discesa è difficile e perdo di vista i miei due compagni di viaggio, decisamente più abili.

La discesa dal Monte Saraceno
Recupero qualcosa quando la discesa spiana e torna corribile, salvo ripresentare un ultimo tratto bagnato e scivoloso molto ripido, che immette sulla spiaggia di Mattinata.
Qui ci facciamo 2 km di spiaggia, sia sassosa che sabbiosa, sotto un sole già cocente. Sfrutto le mie “qualità” da runner del sud e recupero i miei compagni di viaggio agevolmente. I bagnanti (perchè in Puglia ad ottobre si può ancora andare a mare) ci guardano increduli passare.
Molti runner perdono terreno qui dove serve una certa forza, però dopo 10-12 minuti si torna per un attimo su asfalto e subito in salita. Qui la pianura praticamente si limita alla spiaggia.
Saliamo al primo ristoro, all’hotel Il Porto. Qui ci fermiamo, aspettiamo qualche attardato e gustiamo la frutta: altro che reintegratori salini, melone, arancia e banana sono ben altra roba! Ne approfitto anche per riempire l’acqua: in tutta la gara berrò moltissimo, sfrutto tutta la mia riserva di 1,5 litri e la cosa mi sarà di grande aiuto più avanti. Ora inizia una lunga e continua salita. Prima moderata, poi quasi 3 km di vertical senza nessun albero a ripararci. È qui che guadagno tanto sui miei compagni di viaggio. Per circa 10 km si sale sempre, prima per sentieri ripidi e non tecnici, poi lungo le colline della transumanza, tra erbe e grossi sassi, che richiedono concentrazione e passo sostenuto ma continuo.
Molti si fermano per il caldo, io riesco tranquillamente a proseguire, sudando e sbuffando!
La salita al Monte Sacro prevede un iniziale avvicinamento asfaltato e, subito dopo un altro ottimo e gradito ristoro, dove ho l’occasione di salutare Andrea Valsecchi (onnipresente, su almeno 2 o 3 punti del circuito!), inizia la salita tecnica. Qui torno a guadagnare ancora qualcosina sui compagni del momento e, dopo essere entrati in un bosco, spuntiamo dinnanzi ai ruderi di una abbazia benedettina del 1200! Quanta storia, oggi, su questi sentieri!

un poco stanco, con l'abbazia alle spalle

Da qui inizia una discesa boschiva con foglie, radici, sassi in ombra che richiede attenzione per tenere un certo ritmo. Me la cavo decisamente meglio che scendendo dal Monte Saraceno. Perdiamo rapidamente quota rispetto agli 850 metri raggiunti all’abbazia, rituffandoci nel calore della giornata, che peraltro sta arrivando alle ore centrali.
Scendo veloce in compagnia di una ragazza irlandese davvero abile in discesa e che si difende bene anche in pianura.
In poco siamo al bivio tra la gara lunga e la corta, dove Davide Orlandi ci passa un po’ d’acqua. Qui avviene il fattaccio: sono in mezzo ad un gruppo di runner della lunga e i volontari ci indicano la strada. Un errore di gioventù dell’organizzazione lo pago proprio qui, forse sarebbe stato meglio fare pettorali di colore diverso in base al percorso, forse ha influito la defezione di alcuni volontari (come poi saprò), ma resta il fatto che prendo per errore la lunga. Dopo 4 km su di un sentiero molto duro e con sassi che si fanno sentire sotto le sottili suole delle mie minimali trail glove, un provvidenziale concorrente della lunga mi vede correre in salita, dove loro camminano e gli viene il sospetto che sia un concorrente della gara di 34 km e mi avvisa che sono fuori strada: sono tornato indietro a tutta velocità e, lo ammetto, pure un po’ incazzato!
Dopo un po’ realizzo che non è il caso di andare così forte e, soprattutto, questo non inficia la bellissima giornata e lo stupendo percorso disegnato tra questi colli: scoprirò di aver fatto 8 km in più e aver perso 45’ ma non è così importante, nei trail conta molto il piacere del viaggio, non solo il riscontro cronometrico, a maggior ragione per me che non sono certo un atleta da podio, anzi!
Torno sul tracciato del Mattinata trail, affronto una dolce salita boschiva e mi appresto ad affrontare l’ultima discesa seria: una discesa bellissima, tra grossi massi e piante tipiche della macchia mediterranea. Si scende, rapidamente di quasi 600 metri sulle gambe ormai stanche e con qualche accenno di crampi ai bicipiti femorali, che contengo con una certa attenzione al passo, pur mantenendo elastici gli appoggi.
Ovviamente dopo aver ripreso la strada corretta al bivio, ho superato un po’ di trailer, finché non ho incrociato un runner in difficoltà. Il caldo lo aveva fiaccato, aveva appena vomitato ed era in preda ad un crampo subito dopo una caduta. La mia gara cronometricamente era andata, non ci ho pensato due volte ad aiutarlo, anzi lo avrei aiutato anche se fossi stato in piena gara.
Lo scorto al successivo ristoro dove si ferma un poco a recuperare (da buon “capatosta” non ne aveva alcuna intenzione!) e mentre osservo come scende, se ce la fa, prendo una storta alla caviglia sinistra. Stringo i denti e tiro avanti, mancano sì e no 5 km al traguardo!
Finita la discesa sterrata si rientra su strada per gli ultimi momenti di gara: passo in mezzo al paese, la gente mi incita come ha fatto e farà con tutti!
Taglio il traguardo dopo 5 ore e 15 minuti, con 10 minuti di pause incluse, felicissimo e accolto dai mitici amici di Soul Running! 26° posto in classifica e la consapevolezza che senza errori sarebbe stato un 12° posto: un ulteriore sprone per il prossimo anno!
È stata un’esperienza bellissima, il primo vero trail, probabilmente, non si scorda mai, poi poter fare questa esperienza nelle terre della tua regione ha un sapore speciale.
All’anno prossimo, amici. Chissà, magari per la lunga.




venerdì 31 gennaio 2014

Merrell Bare Access Ultra e nuove tendenze minimal


Pare che quest'anno Merrell lanci una versione speciale della Bare Access, la sua scarpa drop 0 dedicata a chi voglia entrare nel mondo minimal oppure dedicarsi alle lunghe distanze, con un poco di ammortizzazione in più.

La Bare Access Ultra avrà 12 mm di intersuola (contro gli 8 mm della bare access 2), di un materiale morbido (la Bare Access 2 è molto secca) e sempre drop 0.


Ecco il video di presentazione: http://www.youtube.com/watch?v=_6aDQ0xXANE

Possiamo fare qualche deduzione. Sicuramente la Bare Access 2 presenta, per molti di noi che l'hanno provata un paio di difetti: è troppo secca e secondo me anche troppo alta (e quindi anche un po' meno flessibile di quanto si desideri) per essere una minimal.

Il fatto che sia troppo secca ne fa una scarpa non tanto da lunghi, come l'avrebbe concepita Merrell, ma da velocità. Io stesso l'ho usata con profitto in competizioni da 5k e 10k. Anzi, secondo me rende al meglio proprio sulle brevissime distanze. Questa caratteristica, però, nel mio caso, e non solo nel mio, come si legge sui forum, affatica molto facilmente i tendini d'achille.

Come dicevo, la scarpa è anche molto alta: quell'intersuola da 8 mm molto rigida, sommata alla suola, fa già della bare access 2 una scarpa altra circa 15 mm. Questi sembrano pochi per chi viene da scarpe strutturate, ma in realtà per me ha lo stesso effetto dei drop positivi, cioè favorisce un appoggio di tallone e un contatto del piede a terra maggiormente angolato. Insomma, la scarpa tocca a terra prima del previsto, portando l'appoggio su una zona del mesopiede più arretrata e predisponendo maggiormente all'iperpronazione. Il fatto che la suola sia poco smussata nei punti di contatto e molto alta rende la rotazione da supinazione a pronazione fin troppo rapida e partendo da una posizione molto angolata: tutto ciò per me è fonte di possibili fastidi alle caviglie e alle ginocchia. Non per nulla percepisco come più morbida la road glove 2 di Merrell, che ha la metà dell'intersuola (4 mm) ed una suola simile, ed ancor più morbida e fluida nelle fasi di transizione la bassissima Merrell Vapor Glove (scarpa alta 5 mm, praticamente una suola con una interusola quasi assente e nessuna struttura, un vero calzino).

Con la Bare Access 2 Merrell interviene sull'aspetto intersuola, ammorbidendola e aumentandone lo spessore, se ho ben inteso, di circa il 50%. Come dice il nome, la scarpa dovrebbe essere indicata per gli amanti delle lunghissime distanze, magari agli ultramaratoneti da asfalto o da sentieri non tecnici.
Se è vero che un'intersuola morbida dovrebbe rendere la scarpa sia più "permissiva" verso gli errori di appoggio che più comoda in generale, seguendo una strada che vede in Hoka l'attuale rappresentante principale, per me la strada è quella sbagliata.
Il rischio è quello di rendere il piede molto passivo: le Merrell (tranne la vapor glove e la trail glove, per mia conoscenza diretta) hanno un moderato supporto dell'arco, che da questo punto di vista è uno svantaggio, poiché riduce le proprietà ammortizzanti del piede e, secondo me, tende a spostare l'appoggio sull'esterno, rendendolo più rigido; se in più si aggiunge un'intersuola alta, aumentano gli svantaggi di cui parlavo poc'anzi.
Se a questo sommiamo la morbidezza della stessa, il rischio è quello di non sfruttare a propriocettività del piede, rendendo l'appoggio insicuro, a scapito delle articolazioni. Certo, se l'intersuola fosse solo più morbida di quella delle bare access 2, ma comunque abbastanza "firm", la scarpa potrebbe anche essere migliore della bare access 2 da questo punto di vista. Restano gli altri svantaggi appena rappresentati, derivanti da una suola molto alta, però.

In generale, a mio modo di vedere, si può notare una tendenza nel mondo delle scarpe da corsa che sta avvicinando le minimal alle strutturate. Prendiamo l'esempio della Brooks Transcend appena presentata: scarpa a drop intermedio, 8 mm (come ne fanno già da un po' Saucony su buona parte della gamma e New Balance, giusto per fare un paio di nomi illustri), abbastanza alta e morbida (secondo quanto dichiarato), con un sistema di controllo dell'appoggio meno invasivo di quello di una A4, ma comunque presente (e, temo, necessario, per la mortifera congiunzione di intersuola alta, morbida e non del tutto piatta, per quanto 8 mm di drop siano meglio di 12 mm: l'appoggio si fa instabile e si rende necessario irrigidire la suola per correggerlo, relegando il piede ad una funzione ancor più passiva).
Alcune aziende stanno imparando a fare scarpe strutturate più "sensibili", meno corrette, favorendo un appoggio più naturale, un miglior lavoro del piede, rispetto a quanto ci avevano abituato con le A3 e le A4 degli ultimi anni.
Contemporaneamente si apre una linea di minimal meno minimal (perdonate il gioco di parole): penso che la cosa sia dovuta sia a volumi di vendita non esaltanti, in parte dovuti alla scarsa voglia dimostrata dai runner di imparare qualcosa in fatto di tecnica di corsa (e magari parliamo di runner perennemente infortunati per questo) e di superare le normali difficoltà di adattamento. Se a questo sommiamo il fatto che la maggior parte dei runner gradisce scarpe morbide e molto ammortizzate, pensando di non essere in grado di correre in altra maniera senza distruggersi (e senza capire che è proprio questo ruolo passivo del piede e quel rialzo innaturale al tallone a rendere tutto il gesto più critico), il quadro è completo.
Alla fine molti di noi hanno provato, e con successo di solito, le minimal per uscire da un circolo vizioso di infortuni connessi a scarpe eccessivamente strutturate e morbide: non tutti i runner hanno però la possibilità di studiare le alternative di mercato e le implicazioni biomeccaniche; ed in questo la gran parte dei negozianti sono piuttosto di intralcio, che non di aiuto.
E, si sa, le aziende vendono quello che il cliente chiede: la legge della domanda e dell'offerta non fallisce!

lunedì 10 giugno 2013

Trail delle 5 querce - Gravina di Puglia 9 giugno 2013

Trail delle 5 querce - Gravina, 2013 9 giugno 2013.

Quella di oggi è stata una gara davvero dura, per percorso, clima e stato fisico.
Sicuramente non mi sono presentato nelle migliori condizioni: per quanto fosse la settimana di scarico, venerdì sono stato costretto a fare varie prove di salto in alto e di corsa sul km (chiuso a 3’30” senza dare tutto) per un concorso, che ho sicuramente recuperato in parte, ma non del tutto, soprattutto a carico dei polpacci e dei flessori della coscia.
Poi, per vicissitudini, la notte prima della gara ho dormito meno di 5 ore, il contrario di quello che avrei dovuto fare.
Al risveglio la testa era davvero pesante, anche se mi sentivo fisicamente in ordine: sono partito per Gravina, quindi, con cauto ottimismo o, almeno, contenuto pessimismo! :P
Arrivato a Gravina il parcheggio era a circa 1 km dalla partenza, in salita sotto il sole: il bus navetta era strapieno ed ho optato per salire a piedi. A quell’ora era ancora fresco.

Appena arrivato ho fatto solo in tempo a recuperare il pettorale e ho fatto un brevissimo riscaldamento: non conoscendo il percorso e sapendo che ci sarebbero state un paio di salite toste, nonchè un inizio su asfalto di 1 km in salita, ho voluto optare per una partenza cauta, al ritmo del lento svelto. Ovviamente tra salite, discese e fondi variabili, il parametro è sempre stato il fiato, ho iniziato con una respirazione lievemente impegnata, quella che ti consente di dire 3-4 parole, sforando ogni tanto nel ritmo del medio-veloce o, a causa delle salite, nei ritmi impegnativi.
Molti sono partiti subito forte, ma non mi sono lasciato coinvolgere: con fondi difficili, spesso a bassa risposta elastica, in cui conta molto la forza, strappi anche molto duri in salita, ho preferito gestirla non con un ritmo costante, ma come spesso si fa in bicicletta: ho spesso tirato in salita, valutato se tirare o meno in discesa e sono andato tranquillo nei pochi pezzi di pianura.
L’inizio è stato caratterizzato da discrete salite e discese, spesso nel bosco, quindi si stava al fresco e non c’erano fuori giri da fare. Al 6 km circa c’è stata una discesa con difficoltà medie, sicuramente impegnativa per me che sono un novello nei trail: ammetto che in molti mi hanno superato, ma la grande presenza di pietre e fondo poco stabile mi hanno indotto a rallentare, soprattutto per non farmi male, magari ad una caviglia, dovendo sostenere le prove fisiche del concorso mercoledì. È stata dura frenarsi, ma necessario: più di un runner ha rimediato qualche storta, più o meno grave.
Sul pietroso in discesa le Merrell Trail Glove richiedono di certo una grande esperienza: non ho avuto appoggi dolorosi, bisogna sempre guardare dove mettere i piedi, però per andare forte serve pratica e cautela. In compenso recuperavo alla grande molta gente in salita. E dopo il 6° km c’è stata una salita davvero dura, con molti tratti esposti al sole: ed oggi è stata una giornata davvero calda, nonostante i 4 rifornimenti di acqua si è un po’ sofferto per questo motivo.
Fino al 12°, 13° km sono andato abbastanza bene, poi c’è stato un lungo tratto esposto al sole che mi ha davvero fiaccato: continuavo a tirare in salita (e qui devo riconoscere alle merrell il peso bassissimo, grande vantaggio, il gran grip di punta/avampiede e la grande flessibilità, che si traduceva sempre in una sensibilità magnifica negli appoggi e nei traverso più insidiosi), ma in pianura sentivo le gambe dure: erano in molti a passarmi ed il limite veniva proprio dalle mie gambe che, seppur forti, stavano subendo (forse anche il poco sonno); infatti il fiato diveniva in questi frangenti più che sufficiente, andavo a poco più del lento.
Da qui al 17° km è stata dura: ho pensato addirittura di mollare in qualche momento e in uno strappo terribile sono stato costretto addirittura a camminare per qualche metro; ho rallentato vistosamente in alcune salite, conservando comunque, in questo frangente, qualche margine su molti altri runners.
Unica nota positiva è stata una discesa molto pendente ma dal fondo sostanzialmente sabbioso, in cui sono riuscito a far la differenza su alcuni del gruppetto che seguivo al momento.
C’è da dire che, comunque, dei tanti che erano partiti forte e mi avevano abbandonato km prima, molti li ho pian piano recuperati: questo mi ha tenuto il morale alto e ho fatto prevalere la forza di volontà sulla fatica.
Gli ultimi 2 km sono stati davvero belli, anche se sempre nel mio piccolo.
In pianura ero stato raggiunto e superato da qualche runner, ma quando è iniziata l’ultima discesa, di pendenza intermedia, un fondo di terra compatta, sterpi e qualche sporadica roccia, ho cambiato marcia!
Ho cominciato a guadagnare su 2-3 runner che non riuscivo a tenere in piano: inizialmente hanno tentato una reazione, poi hanno dovuto abbandonare. In pianura sono riuscito a mantenere un ritmo decisamente più alto di prima e non mi hanno recuperato.
Anzi, ho addirittura iniziato a raggiungere altri 2 o 3 ragazzi che erano decisamente più avanti! In un single track che alternava dolci salite e discese ho recuperato tutti i runner che avevo a vista. Negli ultimi 500 metri sono stato passato da un runner che andava davvero forte e, sinceramente, avevo pensato di alzare bandiera bianca: mi sono reso conto che però faticava molto. Ho accelerato anche io, stanco com’ero  non è stato nemmeno immediatissimo. Ad un breve strappo in salita e curva di circa 10 metri l’ho passato all’interno e ho fatto uno scatto: è stato un errore, perchè pensavo di essere all’arrivo, invece mancavano circa 150 metri! L’altro runner però non è stato in grado di reagire al mio scatto e aveva mollato, quindi ho tagliato il traguardo in apparente scioltezza, senza nemmeno dovermi difendere!
L’esperienza è stata molto bella, mi piacciono davvero molto i trail, per quel poco che ho provato! Anche se, venendo dalla mountain bike oltre che dalla bici da strada, già avevo avuto modo di apprezzare lo sport nella natura.
Nei limiti del possibile e degli altri impegni, anzi, voglio inserire più allenamenti di forza e di corsa in fuoristrada, per migliorare in questo frangente.
Non si è capito bene il dislivello del percorso: sono stati circa 19 km per 400 metri di dislivello, secondo gli organizzatori, 246 metri, secondo il Garmin.
Ho corso in Calabria pezzi su strada in cui ho fatto circa 480 metri di dsl. in 5 km, eppure il fondo del fuoristrada e i continui cambi di ritmo e appoggio mi hanno fatto soffrire decisamente di più!

Non è stato sicuramente un gran passo, ma non ho la presunzione di paragonarmi a corridori davvero forti. Nel mio piccolo, seppur con qualche riserva, sono contento e soddisfatto di aver provato sensazioni e fatiche nuove! 

Una foto all'arrivo, dove fingevo dignità! :P
grazie a Photomike per la foto

mercoledì 12 dicembre 2012

Pioggia e tramontana


Capita un po’ a tutti noi che corriamo.
Ti alzi, piove.
Anzi, piove forte, c’è una tramontana che ti dà un bel ceffone quando ti affacci alla finestra.
E la tramontana per chi corre sul mare è un notevole avversario. E fa anche abbastanza freddo.
La prima tentazione è di tornare a letto, un po’ incazzati.
E a volte, infatti, è quello che succede.
Non sempre però! Domenica ho deciso di uscire ugualmente, con mia madre che mi guardava un po’ con la compassione che si dedica ai malati di mente e un po’ con l’incazzatura tipica delle mamme.
Il tempo di prepararmi e sono fuori: non volevo perdermi una uscita e, in realtà, mi andava anche di correre un po’ in condizioni avverse; a me piace correre col vento forte, anche se bisogna ammettere che c’era un’abbondanza di fenomeni atmosferici!
Scarpe da gara ai piedi, intenzione di fare un medio.
Mi faccio i soliti 700 metri che mi separano dal mare correndo piano, per scaldarmi.
Fa freddo, il vento si sente sotto la maglia aderente e sulle cosce.
La pioggia si sente poco finchè ci sono i balconi.
Ma arrivati sul lungomare, nulla ti protegge più.
All’inizio è dura tenere gli occhi aperti (se incrociassi qualcuno penserebbe che corro ammiccando!), con la pioggia controvento, i primi 2 chilometri sono difficili, non si riesce manco a percepire bene il ritmo.
Poi le curve mi aiutano a prendere il vento di lato e da dietro, facendomi un poco tirare il fiato.
Vado al ritmo del medio, più o meno sui 4’30”, sento l’acqua entrare nelle scarpe quando non riesco ad evitare le pozzanghere. Quando mi sento bello caldo, finalmente, e il ritmo è diventato agevole da mantenere, non sento più la pioggia e contrasto il vento. Il passo si fa più leggero e la strada scorre sotto i piedi.
È stata davvero una bella uscita! Con quei pochi runner incrociati, peraltro coperti con k-way svolazzanti e cappucci, ci si saluta con un sorriso: alla fine siamo soddisfatti, ci sentiamo dei piccoli eroi anche se non ce n’è motivo, diciamoci la verità.

Però la corsa è così, ti mette di fronte a te stesso, ti fa sentire un po’ più disteso e ti mette al centro di una serie di sensazioni e percezioni piacevoli, inclusa la fatica: ruota tutto intorno a te, inclusa la possibilità di non farcela, di mollare, di fallire.
È più probabile, razionalmente, che siamo un po’ fessi ad uscire con questo clima, a maggior ragione perché non siamo dei professionisti vincolati da contratti e obblighi prestazionali, ma si coltivano piccole follie giorno per giorno.
E comunque non mi è manco peggiorato il mio perenne raffreddore, quindi vittoria su tutta la linea!
Vi lascio con una canzone più o meno a tema!

sabato 24 novembre 2012

Barimarathon, 18 novembre 2012


Una gara davvero bellissima!
È vero, ne ho fatte solo 3 fino ad ora, ma questa è da ricordare! La prima sorpresa è stata non molto gradita. La gara doveva essere lunga 9,7 km ed invece era stata portata a 13 km. Calma e gesso.
È stato necessario pensare ad un passo di gara diverso: la distanza non è un problema, nei lunghi faccio più km, ma il passo gara mio, che oscilla tra 4’20 e 4’25”/km è tarato sui 10k!
Rimugino mentre mi scaldo, faccio gli allunghi e mi schiero sulla linea di partenza.
Colpo di pistola, si parte!
Passati i primi 2 km si comincia a cercare un passo comodo vista la distanza: mi attesto sui 4’30”, il passo che porto nel medio in allenamento; mi sento bene, lo posso reggere.
Dopo qualche chilometro mi aggrego ad un gruppetto che fa i 4’30” come un metronomo, mi sarà utile!
Saliamo sulla muraglia, approfitto della salita, dove di solito vado bene, per tirare il fiato rispetto ai compagni di questi km. Poi scoprirò che loro avrebbero proseguito per la mezza maratona, quindi immagino che in salita andassero di conserva.
Quando siamo scesi dalla muraglia e rientrati sul lungomare, quelli della mezza hanno proseguito a destra, noi della mezzo fondo a sinistra: ebbene, siamo rimasti un gruppetto davvero piccolo! Quelli veramente veloci erano molto più avanti e un gruppetto di livello più basso, noi, era molto più sparuto. Dietro di noi tantissimi runner più lenti.
Era il chilometro 9,5 e le cose si son fatte difficili.
Siamo andati avanti tirando a turno in 3, alzando decisamente il passo. Ho saltato anche il ristoro, non era più tempo per bere acqua. Chiudiamo il chilometro 10 a 4’22”. Troppo forte, forse.
Un ragazzo del gruppetto si stacca, ma 30 metri dopo ne intercettiamo due che erano davanti, in crisi. Tentano di stare al passo: uno cede quasi subito, l’altro ci regge, sbuffando come una locomotiva!
Chiudiamo il chilometro 11 a 4’24”, mi sembra di reggere anche se iniziano i dolori sotto le costole: sono oltre le 170 pulsazioni al minuto da un po’ oramai e quindi un minimo di sofferenza per la pressione degli organi sul diaframma è normale.
In realtà vado un poco in difficoltà: cerco di reggere il passo dei due compagni di questo pezzo, correggo la falcata, accorciandolo e rialzando la frequenza, come mi è consueto. Conto i passi per ingannare il momento difficile, siamo a 186 passi al minuto. Mi dico che va ancora bene, ci sto, le gambe girano e allora la testa si alleggerisce.
È in questo momento che il ragazzo che avevamo ripreso fa un rapido allungo: perdo qualche metro, ma recupero in progressione, il terzo del gruppetto arranca.
Un altro scatto, il terzo si stacca, io pensavo di non farcela più, ormai, e stavo per cedere. Ma alla fine mancavano meno di 2 km, circa 8 minuti, ho provato a reggere. Mi sono autoconvinto.
E ho retto.
Siamo rimasti in due, il ritmo è alto, il ragazzo scatta ancora. Ma ormai ho capito, è un tentativo di staccarmi e sono più tosto io! Faccio un’altra progressione e lo recupero, passandolo lievemente. Nel frattempo si chiude il chilometro 13, a 4’17” al km, facciamo l’ultima curva e vediamo il traguardo!
Ultimo scatto del mio compagno del finale, mi passa di 5-6 metri: in quel momento ho pensato di perdere questa piccola sfida, ma ho anche pensato che questo sarebbe stato il momento buono per lanciare la volata! O la va o la spacca.
Allungo un poco, scatto pure io, lo affianco. Lui regge per qualche metro, trovo le energie per aumentare ancora il passo e lui cede mentre porto il passo al massimo! Taglio il traguardo tra gli applausi, dedicati ad entrambi per la bella volata, non so ancora in che posizione sia arrivato tra i liberi: in realtà mi interessa poco, ma sto comunque aspettando la pubblicazione delle classifiche!
Il ritmo è stato altissimo, la corsa molto bella e ho davvero passato il mio limite!
4’28” circa su questa distanza è una cosa mai provata e provare certe cose in gara equivale a scommettere, a rischio di saltare. Ma si corre principalmente con la testa, poi coi polmoni e infine con le gambe.
Dopo la linea finale ci siamo complimentati a vicenda, anche col terzo compagno che è arrivato staccato di una trentina di secondi.
Grande soddisfazione per tutti, meno per il fatto che sono dovuto tornare a casa correndo, ero senza mezzi! A passo di bradipo, poco sotto i 6’, ma ho fatto altri 3 km. Col sorriso stampato sulla faccia però!
Per gli amanti delle statistiche: 13,2 km in 58’54” con chilometri intermedi ai seguenti tempi
4’27”; 4’29”; 4’31”; 4’34”; 4’33”; 4’30”; 4’31”; 4’29”; 4’37”; 4’22”; 4’24”; 4’21”; 4’17”; 3’42” (passo sui 200 metri finali).
57° Assoluto, 21° di categoria a 12'07" dal primo di categoria
Sono quello col 1171, per chi non mi conosce ;)